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Sorrento. Da deposito a struttura ricettiva. Sette indagati

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Marcello Coppola Consulting

La Procura della Repubblica di Torre Annunziata ha acceso i riflettori  sull’iter seguito per un permesso a costruire rilasciato dal Comune di Sorrento nel 2016 in Via Capo e sul cambio di destinazione d’uso del medesimo che da deposito è diventato prima immobile residenziale e poi struttura turistico-ricettiva.

Secondo il  Pubblico Ministero, Dottoressa Giuliana Moccia, l’iter che ha portato alla trasformazione nella destinazione d’uso dei locali non sarebbe regolare. E per questo ha emesso  una comunicazione di avviso conclusione indagini che coinvolge sette persone, tra cui due funzionari comunali, di cui uno in pensione, due tecnici esterni al Comune, il rappresentante legale della ditta esecutrice dei lavori, oltre a proprietario e conduttore dell’immobile. l reati ipotizzati vanno dal falso ideologico in concorso al cambio di destinazione d’uso in violazione delle normative urbanistiche e paesaggistiche vigenti.

Si tratta dell’ex dirigente ad interim del VI dipartimento del Comune, dottor Antonino Giammarino e dell’architetto Daniele De Stefano, all’epoca dei fatti, titolare di posizione organizzativa presso il medesimo dipartimento. A loro è contestato il falso ideologico con riferimento alla destinazione originaria dell’immobile.

Inoltre, destinatari della comunicazione sono  anche Luigi Gargiulo e Mario Vinaccia in qualità di direttori dei lavori, Giovanni Apreda come legale rappresentante della ditta esecutrice dei lavori oltre  proprietario dell’immobile M.R. ed il conduttore A.M. A tutti costoro è contestato l’avere iniziato e continuato lavori in zona sottoposta a vincolo.

Inoltre ai due tecnici Luigi Gargiulo Mario Vinaccia, in uno al proprietario, sono contestate le affermazioni sulla natura dell’immobile in origine e l’aver dichiarato gli interventi conformi alla normativa vigente.

 

Naturalmente, quelle formulate dalla Procura sono ipotesti di reato che devono essere riscontrate nel corso di un eventuale dibattimento. Ora gli indagati hanno 20 giorni per farsi ascoltare, produrre documenti e far valere le proprie ragioni.

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