martedì, Marzo 19, 2024
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Il sorrentino Marco Palmieri all’Augusteo con i fratelli Gallo

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Marcello Coppola Consulting

Un trionfo di critica e pubblico lo spettacolo, esilarante quanto colto, “Comicissimi fratelli. Il pubblico ha sempre ragione”, scritto e diretto da Gianfranco Gallo (assistente alla regia Ursula Muscetta) e interpretato dallo stesso assieme al fratello Massimiliano e un cast eccellente composto da Gianluca di Gennaro (nipote dei Gallo), Bianca Gallo (figlia di Gianfranco), Franco Pinelli, Arduino Speranza e il “nostro” sorrentino Marco Palmieri, e prodotto da Città Mediterranee di Enzo Di Maio. Lo spettacolo, in scena a Napoli nel maestoso Teatro Augusteo, costruito tra il 1926 e il 1929 e sede di elezione dei più grandi eventi artistici e teatrali partenopei, ha fatto registrare in ogni sera di programmazione, da venerdì 11 a domenica 20 gennaio, pieno di pubblico e indice di gradimento alle stelle, oltre che ottime recensioni della stampa. Tanti gli elementi di pregio che fanno di questo lavoro un’autentica eccellenza del teatro: divertimento puro e senza volgarità, grandissimo valore degli attori, personaggi vitali, guizzanti, esuberanti, gag fulminanti e battute a raffica. Nel concept dello show, il prezioso contributo della tradizione teatrale, che affonda le sue radici nella Commedia dell’Arte, viene rivissuto e rinnovato in modo attuale e coinvolgente. Spiega Gianfranco Gallo: “Il repertorio napoletano comico, la tradizione, le famiglie d’arte, il vasto bagaglio spesso ingombrante di un Teatro che parte dalle atellane e che prosegue per linea diretta fino ai Giuffrè, giungendo, perché no, a me e mio fratello, è il mondo che esploro da sempre e che rinnovo, fedele alla lezione dei grandi del passato nella mia totale infedeltà al testo che riscrivo completamente, usando trama e approccio come trampolino. Il tutto in una scenografia immaginata come un muro circolare con le effigi di personaggi famosi e in mezzo una piazzetta urbana e moderna, con al centro della scena una pedana nella quale gli attori entrano ed escono a recitare la ‘tradizione rinnovata’. La pedana diventa come una zattera nel ‘non spazio’, sulla quale ‘resiste’ un Teatro antico, semplice come una festa di piazza, tra lo scheletro di un arco scenico e le lampadine fulminate. Il motto ‘Castigat Ridendo Mores’, una massima del poeta latino Orazio diventata il simbolo della Commedia dell’Arte, campeggia in un’insegna luminosa, come quella di un’attività commerciale che cerca ostinatamente clientela. E poi le opere dipinte, applicate sui muri della scenografia, della geniale artista Roxy in the Box, regina della Pop Art e nome importante dell’arte contemporanea internazionale”. Tutto contribuisce al mosaico perfetto di questo spettacolo indimenticabile, oltre alle perfomance attoriali di livello da alta scuola di recitazione: le scene di Ciro Lima Inglese, i costumi di Annalisa Ciaramella, il suono e le luci di Michele Napolitano, le foto di scena di Gianni Biccari. “Il Teatro napoletano, anni fa, si divise in due”, spiega ancora Gianfranco Gallo: “Accanto a quello dirompente dei Petito, discendenti dei comici dell’Arte, attori ‘fisici’, inventori di battute sempre nuove, jazzisti del canovaccio, si sviluppò grazie a Scarpetta ma soprattutto ai De Filippo, un Teatro borghese. Il testo non fu più partenza, ma partenza e arrivo. La potente drammaturgia incanalò attori e regista fino a un approdo certo e sicuro. Roberto De Simone critica Eduardo proprio per questo, lo accusa di aver interrotto la linea principale del nostro vero Teatro che egli evidentemente identifica in quello di cui i Petito furono espressione. Io credo che entrambi i modelli siano da rispettare e che oggi possano convivere nel panorama di un Teatro di produzione che valichi i limiti del Tempo in maniera diversa. La differenza è che se metto in scena De Filippo sento di rappresentare un’Opera universale nella quale importante e necessario è il riferimento storico, se invece metto in scena e riscrivo una farsa di Petito, mi sento al riparo da qualsiasi attacco portato dal naturale cambiamento della società. I testi di Antonio e dei suoi fratelli non sono moderni né modernizzati, sono, per un teatrante illuminato, tappeti volanti che non conoscono che lo spazio in cui decidono di alzarsi. Il mio progetto triennale è testimoniare tutto ciò attraverso la mia opera in Teatro. Parto con ‘Comicissimi Fratelli…il pubblico ha sempre ragione’ che vuole essere il manifesto del mio pensiero e la Summa degli spettacoli ispirati alla tradizione da me riscritti, coi quali, insieme a Massimiliano, ho calcato le scene con sempre lusinghiero successo in questi 37 anni di carriera”. Lo spettacolo dei fratelli Gallo tenta – e centra- dunque l’ardito esperimento di integrare e coniugare entrambe le forme teatrali, collocandosi nell’indefinito arco temporale del passaggio dal Teatro popolare a quello borghese. La trama racconta di due fratelli, attori in un piccolo teatro partenopeo all’inizio del ‘900, che si separano in quanto uno dei due (Gianfranco) decide di andare a lavorare nella compagnia di Eduardo Scarpetta, molto più rinomata e di successo, allontanamento che viene visto dall’altro (Massimiliano) come un vero e proprio tradimento nei confronti del Teatro Tradizionale in un suo momento di crisi e calo di pubblico. Tuttavia, quando ‘Massimiliano’ si trova in difficoltà a causa della defezione dell’intera compagnia teatrale che doveva mettere in scena la tragedia ‘Francesca da Rimini’ di Silvio Pellico, l’altro accorre in suo aiuto, anche se tra innumerevoli incertezze e ripensamenti, assieme a una compagine di attori quanto mai strampalata: ne deriva una riproduzione assolutamente stravolta e incredibilmente spassosa della tragedia, tra giochi di parole, equivoci e scoppiettanti prove di bravura degli attori. “In più ho di proposito mischiato le carte, presentando come successiva la farsa del secondo tempo, che invece è precedente a quella del primo. Il primo tempo si basa sulla rappresentazione di ‘Ti ho sposato per ignoranza’, la mia versione originale di un’antica farsa di Pasquale Petito, il secondo consiste nella mia ‘Una comicissima Tragedia’ che anni fa scrissi ispirandomi a ‘Francesca da Rimini’ di Antonio Petito. Ho pensato di legare con una trama questi due nostri cavalli di battaglia comici. Ho rinverdito ancora una volta, ho riletto, ho ricamato con nuova linea il lavoro teatrale e ho ambientato l’opera in un luogo indefinito, con un prologo nuovo e significativo. Le storie dei due fratelli che s’intrecciano con le due messe in scena sono il divertente e significativo trait d’union di due ore esilaranti senza sosta. Tutto per me deve essere solo al servizio del gioco, della trama, del divertimento”, spiega ancora Gianfranco Gallo, che continua: “Comicissimi fratelli è un’operazione di buonumore prima ancora di essere definita commedia, un’opera che miscela insieme più generi ottenendo un effetto esplosivo, divertente, ma soprattutto leggero. Scorre via velocemente, a metà strada tra la tradizione e l’innovazione, tra il passato e il futuro. In scena con me, mio fratello Massimiliano e, per rinforzare, semmai ce ne fosse bisogno, il discorso del Teatro delle Famiglie d’Arte, anche nostro nipote Gianluca Di Gennaro e mia figlia Bianca. Tutto parte da lontano, dagli anni ‘80. All’epoca ‘Francesca da Rimini’ di Petito era stato uno dei più grandi successi dei fratelli Giuffrè. Una nostra edizione del 1990 era stata poi firmata, per la regia, da uno di loro, il magnifico Aldo, e aveva segnato, nelle sue intenzioni, il passaggio di testimone da loro a noi. Con la recente morte di Carlo, ‘Comicissimi Fratelli’ assume per noi un un ancor più grande significato: così il cerchio si chiude”. Con quest’opera teatrale, i fratelli Gallo, attori di primissimo livello nel panorama dello spettacolo nazionale, consolidati al teatro come al cinema e in tv, confermano di essere gli eredi designati delle grandi dinastie del teatro partenopeo, i De Filippo, i Giuffré, i Maggio, i Taranto, gli Scarpetta. I Gallo sono figli d’arte: il padre, Nunzio, è stato uno dei maggiori interpreti della canzone italiana e napoletana degli anni cinquanta, e da poco gli è stata intitolata una piazza a Napoli. Istrionici, geniali, mattatori nati, dominatori del palco, artisti completi e complementari, i fratelli lasciano in scena il giusto spazio di luce agli ottimi comprimari. Tra i quali, orgoglio del popolo sorrentino, che in massa è accorso ad acclamarlo a Napoli, Marco Palmieri, sempre più a suo agio tra i grandi dell’olimpo teatrale nazionale.
Carlo Alfaro

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