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Una psicologa tra i banchi

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Marcello Coppola Consulting

Dott.ssa Anna di Martino, psicologa-psicoterapeuta e da quest’anno insegnante di sostegno presso una scuola secondaria di secondo grado

Che tipo di realtà si aspettava di incontrare, quali le fantasie prima di valicare l’ingresso dell’Istituto?

Frequentando il Corso di Specializzazione per il Sostegno Didattico agli alunni con disabilità, mi sono confrontata per la prima volta con il concetto di inclusione scolastica. Includere significa offrire ad ogni alunno l’opportunità di sviluppare le proprie potenzialità, in coerenza con percorsi didattici in cui ognuno possa costruire i propri spazi di crescita individuale e relazionale. Ciò che mi aspettavo di incontrare, valicando quell’ingresso, era una scuola preparata ad aiutare ogni alunno ad apprezzare ogni differenza interindividuale, considerando le stesse come una risorsa piuttosto che come un limite, in un’ottica di valorizzazione della persona.

 

Con quale realtà si è trovata a confrontarsi?

Con una realtà che pone sicuramente maggiore attenzione, rispetto al passato, al diritto di autorealizzazione degli alunni nel rispetto delle peculiarità di ognuno. In tal senso, l’esperienza vissuta mi ha portato inevitabilmente a pormi anche delle domande sul delicato ruolo del docente, che non immagino più come un individuo confinato in un ruolo statico, ma come persona chiamata a formarsi, interrogarsi, riflettere su di sé per acquisire sempre più consapevolezza dei propri vissuti interni che condizionano pervasivamente anche quelli professionali. Diventare più consapevoli in tal senso, credo che permetta a noi docenti di porci nell’incontro con l’alunno in modo curioso, aperto, rispettoso di quelle differenze e peculiarità che se riconosciute, incanalate e valorizzate rappresentano ciò che rende unico e originale ognuno di noi.

 

Ha avuto un peso, in bene o in male, il suo essere psicologa?

L’attività che svolgo privatamente come psicoterapeuta mi ha permesso, sicuramente, di assumere una prospettiva particolarmente attenta all’importanza della relazione che si instaura con l’alunno e con la classe in cui è inserito.

Nel ruolo di docente di sostegno, come spesso accade in terapia, ho abbandonato consapevolmente l’esigenza di etichettare, classificare e ordinare informazioni, spinta soprattutto dal desiderio di individuare, comprendere e valorizzare le risorse dell’individuo e di farlo sentire riconosciuto nella sua identità personale, nel suo nome, nel suo volto, nella sua storia. In questo modo è stato possibile incontrarsi in un “posto sicuro”, la scuola, in cui potesse esprimere al meglio se stesso e i suoi punti di forza.

 

Che tipo di relazione si stabilisce con il proprio alunno e con la classe?

Una relazione di cui prendersi cura quotidianamente, in cui il docente di sostegno diviene il docente di tutta la classe e la classe diviene lo spazio in cui avviene uno scambio, una crescita personale da cui nessuno è escluso, una costruzione di significati condivisi, uno sfondo positivo che permette di creare le condizioni per ogni forma di intervento, apprendimento e sviluppo del progetto di vita di ognuno di loro. La costruzione di una relazione positiva rappresenta, in tal senso, il primo passo verso l’inclusione e verso lo sviluppo di qualsiasi capacità, attitudine e abilità umana, che si accompagna sempre al valore intrinseco di ogni persona.

Come è stato il confronto con gli altri docenti?

Gli interventi svolti con gli alunni con disabilità necessitano di una collaborazione costante e una responsabilità condivisa fra tutti i docenti dell’Istituto.

Spesso, nel confronto con gli altri docenti, il docente di sostegno è chiamato a svolgere il complicato, ma prezioso, ruolo di “mediatore”, facilitando e gestendo la comunicazione affinché essa sia efficace, funzionale e rispondente ai bisogni dell’alunno.

 

Come è stato tornare tra i banchi di scuola?

Inizialmente, ritornando tra i banchi di scuola, ho avvertito un lieve senso di inadeguatezza che, riflettendoci, ho associato ad alcuni ricordi personali riemersi. A quel punto, ho dato a me stessa il tempo necessario per ascoltarmi ed intuire che proprio quelle emozioni avrebbero potuto aiutarmi nella relazione con gli alunni, permettendomi di mettermi nei loro panni, di connettermi con i loro stati d’animo, di farli sentire compresi e supportati soprattutto durante un anno scolastico così complicato, a causa dell’emergenza Covid-19, come quello appena terminato.

 

Se dovesse sintetizzare questa prima esperienza con tre parole, quali sarebbero?

Risorse, sintonia, crescita

 

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