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Sorrento. Raccolta firme referendum per abolire la caccia. Venerdì 13 agosto banchetto vicino alla Cattedrale

Pubblicato il

Marcello Coppola Consulting

E’ in corso in tutt’Italia la raccolta firme per il referendum di abolizione della caccia che scadrà il 20 ottobre 2021
Il referendum, promosso dal comitato “referendum si aboliamo la caccia” , chiede la modifica parziale alla L. 157/92 ovvero l’abrogazione della caccia ludica e sportiva, lasciando validi gli articoli a protezione della fauna selvatica in Italia, includendo nel divieto gli abbattimenti selettivi da parte dello Stato. Dunque rimango intatti gli articoli che tutelano la protezione della fauna selvatica omeoterma come patrimonio indisponibile dello stato ma verrà vietata la caccia.

Il quesito referendario viene proposto giacché in Italia non si svolge una consultazione referendaria sulla caccia dal lontano 1990 e nel frattempo il numero dei cacciatori è drasticamente diminuito ed è aumentata invece la sensibilità della società umana nei confronti dei diritti fondamentali degli animali.
La caccia crea danni anche all’ambiente oltre che agli animali, infatti un nuovo studio di un team italiano, che la Commissione Europea sta valutando, rivela come diversi animali ancorché non cacciabili (aquile, rapaci, ecc) siano fortemente minacciati dall’avvelenamento da piombo, causato dalle munizioni impiegate per la caccia.

Tra gli effetti nocivi della caccia si vuole sottolineare la situazione degli ungulati (cinghiali) giacché agli stessi viene attribuita impropriamente la responsabilità di danni alle culture e un’incremento degli incidenti stradali, ma la caccia non è certo la soluzione, anzi è esattamente il contrario per differenti motivi, lo ha spiegato bene Andrea Mazzatenta, che insegna all’Università G. D’Annunzio di Chieti-Pescara. Mazzatenta ha chiarito molto bene perché siamo entrati in conflitto con questa specie, e come risolvere la questione.

Il proliferare dei cinghiali è frutto di influenze antropiche sull’ambiente oltre che della caccia. Le cause sono diverse le più remote risalgono agli anni cinquanta, quando, proprio per scopi venatori, sono stati introdotti grossi contingenti di cinghiali dall’est Europa, senza tenere conto delle differenze tra i due animali. I cinghiali incrociati e reintrodotti nulla hanno a che vedere con gli il cinghiale originario dell’Eurasia e del Nordafrica; il cinghiale dell’est infatti ha dimensioni maggiori e tende a fare più figli. Alle introduzioni si sono poi aggiunti altri tre fattori importanti: il progressivo spopolamento delle campagne, che ha contribuito ad aumentare la superficie boschiva utile al cinghiale, i cambiamenti innescati dal riscaldamento climatico, che hanno inciso positivamente sulla disponibilità di cibo (in buona parte incrementato anche dalle pasture effettuate proprio dai cacciatori) e l’introduzione della raccolta dei rifiuti umani “porta a porta” che immette quantità di cibo facilmente disponibile in prossimità delle case, fattori che influenzano positivamente sulle chance di sopravvivenza durante gli inverni e sulla prolificazione.

I cinghiali vivono in società matriarcali, al cui vertice c’è una femmina anziana che prende il nome gergale di matrona. Lei è la madre delle altre figlie presenti nel branco e, in condizioni normali, l’unica a riprodursi e governa un piccolo territorio, che funge da home range per la famiglia, solitamente non più grande di qualche centinaio di metri quadri. Più famiglie di cinghiali ricadono all’interno di un territorio più ampio: quello dei salengani, ossia i maschi anziani e potenti. Questi controllano ciascuno più home range di matrone, con le quali si accoppiano. Hanno una vita difficile e complessa, dedita alla continua difesa del loro territorio riproduttivo. Nell’impresa, possono anche essere aiutati da uno o due maschi giovani, detti scudieri, ovvero dei cinghiali che stanno imparano il mestiere.

Ma i cinghiali non sono soltanto animali intelligenti, capaci di sopravvivere in territori molto diversificati tra loro, mangiare un po’ di tutto e penetrare in boscaglie inaccessibili a buona parte delle altre specie (umani inclusi). Sono soprattutto creature elusive, non amano esporsi ai predatori. Per tal ragione tendono a uscire al crepuscolo e, solo quando le scrofe hanno i piccoli, si muovono anche in altri orari del giorno. Ma questo perché allattare i cuccioli è un impegno importante e la fame le spinge a cercare più cibo. Avvistare frequentemente una specie che dal carattere schivo suggerisce un’alterazione del suo normale comportamento, dovuta a fattori diversi accomunati da una causa comune: l’uomo !
Il disturbo antropico modifica la tranquillità del territorio in cui abitano, e quindi i cinghiali cambiano molti aspetti della loro vita: da cosa mangiano agli orari in cui cercano cibo, dai posti che frequentano ai chilometri percorsi ogni giorno. Intraprendono transumanze, colonizzano nuove aree, creano danni mentre si spostano o si insediano in luoghi prima estranei. Soprattutto, però, cambiano le dinamiche interne alla popolazione.
Oltre a questi aspetti, vi è anche la costante pressione venatoria. Come anzidetto i cinghiali vivono in società matriarcali, al cui vertice c’è una femmina anziana, lei è la madre delle altre figlie presenti nel branco e, in condizioni normali, l’unica a riprodursi, Le femmine anziane producono particolari feromoni che inibiscono la riproduzione delle più giovani. È così che, nelle famiglie tradizionali, la matrona conserva il monopolio dell’accoppiamento.

La pratica venatoria rimuove le matrone e i grandi maschi (essendo gli animali più grandi, sono anche i trofei migliori), ma togliendo le grandi femmine, le figlie che stavano con esse entrano in estro e si accoppiano. Uccidendo anche i salengani (maschi grandi più anziani), si sostituiscono maschi potenti ma con bassa carica spermatica con animali giovani e ad altissima carica. Quindi togliendo la matrona vengono rimossi anche i suoi feromoni. Si innesca quindi un via libera generale all’accoppiamento, il cui risultato è un passaggio dai 4-6 cuccioli per stagione della capofamiglia, ai 20-30 di tutte le figlie assieme. Rimuovere gli anziani dai branchi provoca un aumento delle nascite e, più in generale, un ringiovanimento della popolazione. In termini tecnici, questo corrisponde a uno slittamento delle strategie riproduttive da K a r.
In natura la popolazione dei cinghiali invecchia e si stabilizza sulla base della disponibilità di risorse e diminuisce al diminuire del cibo, mentre con la caccia si innesca il processo inverso giacché la speranza di vita è bassa e produrre molti piccoli può voler dire, per la specie, riuscire a sopravvivere.

Ma non solo, la caccia non altera soltanto la dinamica della popolazione, ma anche la mobilità della specie, innescando una seconda conseguenza rilevante, Quando l’animale è sottoposto a pressione venatoria, gli individui spaventati cercano di raggrupparsi in aree dove questa è ridotta, ovvero proprio i luoghi abitati, tra le case infatti non si può sparare, lungo il bordo strada, nei parchi e nelle riserve protette. Questi diventano dei luoghi dove i cinghiali si concentrano, snaturando tutto quello che gli direbbe la territorialità e il retaggio comportamentale. Così diventa anche difficile stabilire se un’area ha raggiunto la saturazione o meno.

Vediamo quali potrebbero essere i provvedimenti possibili per diminuire le problematiche causate dai cinghiali giacché gli enti demandati alla gestione della fauna tendono spesso, anche su pressione dei cittadini più o meno coinvolti, più o meno preoccupati, a rafforzare l’attività di selezione e di controllo del cinghiale con il prelievo venatorio che però è una soluzione con effetto boomerang, proprio per le conseguenze prodotte dalla pressione venatoria sopra descritte.
Fermo restando che, se ci sono voluti 70 anni per produrre questa realtà, è impossibile risolvere il problema con la bacchetta magica. Si possono però mettere a punto una serie d’interventi che provino a stabilizzare e invecchiare la popolazione di cinghiale presente su un territorio.
Se il territorio divenisse un’area di tranquillità in cui non si può sparare, si consentirebbe agli animali di ridistribuirsi dalle città, dalle strade , alle riserve e ai boschi come nella loro natura, evitando l’effetto di avvicinamento agli umani.
Infine, si possono adottare sistemi di prevenzione dei danni, che spaziano dalla selezione accurata delle colture da impiantare, alla realizzazione di colture a perdere, cioè campi lasciati a disposizione degli animali, nelle aree in cui li si vuole indirizzare gli stessi, all’installazione di recinzioni. Si ricorda anche che quasi tutte le regioni d’Italia, in particolare anche la Liguria elargiscono un contributo a fondo perduto per la costruzione di recinzioni, ma pochi sono i cittadini a conoscenza di questa possibilità. Anche la modifica della raccolta dei rifiuti urbani (differenziati), passando dalla modalità “porta a porta” a quella centralizzata, risolverebbe in parte il problema del cibo abbandonato in prossimità delle abitazioni nelle zone periferiche delle città.
Per quanto riguarda gli incidenti stradali, ci sono delle tecnologie molto semplici che, percepito l’avvicinarsi di un animale a bordo strada, emettono luci e suoni in modo da spaventarlo e avvertono il guidatore del pericolo». Queste soluzioni sono ormai validate da una corposa letteratura scientifica che ne attesta efficacia e sostenibilità economica. Eppure il loro uso è ancora oggi incentivato poco e a macchia di leopardo sul territorio italiano.

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