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Emergenza sociale in Penisola Sorrentina. Rosario Fiorentino: “I comuni uniti si impegnino a riaprire il centro di igiene mentale”

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Marcello Coppola Consulting

Con cadenza regolare i fatti di cronaca ci fanno riflettere sulle fragilità umane e sulla necessità di offrire un supporto professionale alle tante persone che, fino a qualche anno fa, potevano contare sulle prestazioni dell’Istituto di Igiene Mentale.

Nel 2018 si contavano oltre mille prestazioni erogate. Oltre mille famiglie che, quotidianamente, fungono da supporto per le fragilità dei propri cari senza, però, avere le competenze tecniche per poterlo fare. Spesso accade che i familiari debbano mettere a repentaglio la propria incolumità senza poter contare sul supporto delle istituzioni.

Abbiamo parlato di questo disagio sociale con Rosario Fiorentino, da sempre impegnato sulle tematiche sociali e che ha guidato le proteste contro la chiusura del centro di igiene mentale di Sorrento.

Si parla da tempo della mancanza di un presidio di igiene mentale e anche di un Sert in costiera Sorrentina: prima, erano ospitati in strutture “centrali”. Forse poco “adeguate”, ma comunque “centrali”. In tal senso, c’è stata anche mobilitazione continua, ma comunque tiepida rispetto alle reali esigenze. Secondo lei, c’è un problema legato anche all’aspetto squisitamente perbenista, di una comunità votata all’immagine e, quindi, poco propensa a “supportare” motivazioni del genere?

C’è una larvata azione che, in qualche modo, tende a nascondere problematiche sociali di alto valore umano come i cittadini ammalati che si rivolgono al centro di igiene mentale. Ricordo quando ero Assessore al Comune di Sorrento, fui più volte compulsato al fine di eliminare la presenza di malati mentali al di fuori o nei pressi di strutture ricettive ed esercizi aperti al pubblico. Tali pretese furono fortemente contrastate dal sottoscritto e dalle tante famiglie che, purtroppo, sono costrette, a volte anche quotidianamente, a rivolgersi ad un centro specializzato per fornire supporto agli ammalati ed alle famiglie stesse.

Nel 2018 risultavano in carico al centro di igiene mentale oltre mille persone, quindi l’incidenza sulla popolazione totale della Penisola Sorrentina è tutt’altro che irrisoria. Allo stato attuale che risposta si può offrire a queste famiglie?

L’idea da realizzare nell’immediato è un protocollo d’intesa promosso da tutti i comuni della Penisola Sorrentina e che coinvolga i comuni stessi, il Piano Sociale di Zona, il centro di igiene mentale e le associazioni ed i soggetti del terzo settore che, da anni, a vario modo, sono impegnati a sostenere gli ammalati e le loro famiglie.

Vuole essere più preciso riguardo al campo d’azione di tale protocollo e cosa dovrebbe tendere a realizzare?

Prima di tutto bisogna che questa emergenza sociale che è fatta di ammalati, di famiglie e di persone che si suicidano, diventi una priorità. Di conseguenza, bisogna rimodulare le priorità del Piano Sociale di Zona e dell’insieme delle politiche sociali dei comuni presenti sul territorio. In questo contesto, con la presenza dei professionisti che, ormai da decenni, nonostante le difficoltà portano avanti la sanità pubblica, si può ipotizzare un progetto che ridia dignità agli ammalati ed alle famiglie.

Alla luce della recente chiusura del centro di igiene mentale per scelte dell’ASL NA3 Sud, non crede che questo progetto sia troppo ambizioso?

Occorre guardare con gli occhi della solidarietà. Solo facendosi carico delle difficoltà altrui come se fossero proprie è possibile immaginare un cambio di marcia dove le istituzioni pubbliche facciano da traino a questo progetto avendo a disposizione competenze e risorse. Oggi, con il locali messi a disposizione a Sant’Agnello per il centro di igiene mentale, bisogna riconoscere lo sforzo che viene fatto dagli operatori impegnati in trincea che, con tutte le difficoltà del caso, continuano a tenere in piedi un servizio fondamentale.

Qual è la differenza tra il servizio precedentemente offerto a Sorrento e quello attuale a Sant’Agnello?

A Sant’Agnello non ci sono camere a disposizione di persone che hanno necessità di pernottare. Gli spazi piccoli e insufficienti e non vi è la possibilità di coinvolgere le famiglie che, almeno in parte, a Sorrento erano coinvolte nelle attività. Inoltre, la quantità e la qualità del personale impiegato nella struttura sono nettamente inferiori. In generale vi è una compromissione delle diverse attività.

Secondo lei quali sono i passaggi indispensabili al fine di intervenire e rendere operativo il centro di igiene mentale?

C’è bisogno di un impegno corale che permetta di introdurre una visione nuova dell’assistenza al malato. Una visione che non miri solo alla risoluzione dell’emergenza, ma possa guardare al futuro ridonando dignità alla persona umana attraverso iniziative volte al miglioramento delle condizioni sociali sia degli ammalati che dei loro familiari. Nei prossimi giorni, formuleremo una proposta operativa a tutti i soggetti interessati indicando la data della giornata dell’ammalato come momento di incontro e di riflessione operativa.

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