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Trenta anni fa l’ultima elezione del parroco

Pubblicato il

Marcello Coppola Consulting

 

La Parrocchia di Santa Maria del Lauro ha goduto finora del privilegio di eleggere il proprio parroco: i fedeli venivano chiamati alle urne e potevano esprimere la loro preferenza tra una terna di sacerdoti presentati dal vescovo. Questo antico privilegio (diritto di patronato) era riconosciuto a sette parrocchie della Penisola Sorrentina: Meta (Santa Maria del Lauro), Piano di Sorrento (San Michele, Trinità, Mortora), Sant’Agnello (SS. Prisco e Agnello e Trasaella), Casarlano.

Erano le Chiese dette “Estaurite” che avevano l’obbligo di provvedere al mantenimento del culto e alla manutenzione dell’edificio sacro.

Il diritto dei fedeli di eleggere il parroco e di presentarlo al vescovo perché gli fosse conferita l’istituzione canonica era legato all’origine e alla storia stessa delle sette chiese. Meta, inoltre, il 22 ottobre 1849 aveva ricevuto la visita di Pio IX che il 1° ottobre 1851 aveva eretto il Clero di Meta ad Insigne Collegiata comprendente ventiquattro Canonici, compresi due Dignitari (Primicerio e Decano), un Teologo e dieci Eddomadari. La dignità di Primicerio si univa a quella di Parroco che assumeva così il nome di “Primicerio-parroco”.

A Meta l’ultima elezione del parroco si è avuta l’8 marzo 1987 (trentanni fa) allorché si trattò di scegliere il successore di don Gennarino Porzio, che aveva lasciato volontariamente l’ufficio di parroco per motivi che sono rimasti senza una plausibile spiegazione. In questo caso a contendersi la nomina furono don Antonio Soldatini e don Gennaro Starita, mentre don Antonino Maresca svolse il ruolo di candidato “cuscinetto”.

Don Antonio Soldatini, considerato l’intellettuale del gruppo, laureato in filosofia, sembrava favorito ma il popolo scelse don Gennaro Starita, più popolare, che risultò eletto al termine di una “campagna elettorale” avvincente e non priva di qualche polemica. Alle elezioni parteciparono per la prima volta anche le donne, cosa che destò qualche rimostranze da parte di un certo elettorato maschile piuttosto conservatore.

Don Gennaro, ottimo amministratore, è rimasto alla guida della Basilica di S. Maria del Lauro fino a novembre 2015 quando è stato ufficialmente pensionato, avendo superato i 75 anni d’età. Prima la nomina era a vita. Ma in pensione, nel senso classico del termine, non è andato perché è rimasto attivo come rettore della Cappella di Pontemaggiore e con altri incarichi (continua a celebrare Messa alla Cappella di Casa Starita e del Cimitero). Don Antonio Soldatini (classe 1945), dopo essere stato parroco di Seiano, è attualmente rettore della Cappella della SS. Annunziata (S. Lucia) di Meta e ha continuato a insegnare fino al collocamento in pensione Religione al Liceo classico di Meta.

Ora il diritto di patronato, non sempre ben visto dai vescovi, è caduto definitivamente in prescrizione tra la quasi totale indifferenza dei fedeli. Così il vescovo Mons Francesco Alfano ha accolto le dimissioni di Don Gennaro Starita e ha conferito il 16 settembre 2015 la carica di amministratore parrocchiale a Don Francesco Guadagnuolo (già vice parroco). Sic transit gloria mundi…

 

 

 

Intervista a Gianluca Castellano

 

Storia dell’antico privilegio

Quando nasce, come si consolida e perché si sta perdendo il diritto di patronato

 

 

Nel 2015 è stato formato  un Comitato per la difesa del “Diritto al patronato”, con polemica aperta verso la Curia accusata non troppo velatamente di dimissioni imposte all’ex parroco. La protesta è approdato  in Vaticano, con una petizione di 500 firme. Della storia e sulle implicazioni di questo diritto ne parliamo con Gianluca Castellano che ha studiato a fondo la questione.

Cosa è il diritto di patronato ?

Il privilegio dell’elezione diretta del parroco, è tale solo in 21 parrocchie nel mondo, di cui 9 in Italia e di queste ben 7 in Penisola Sorrentina. Quindi oltre alla Basilica si S.M. del Lauro, vi è la Chiesa patronale di S. Michele Arcangelo (Piano di Sorrento), di Mortora, la Chiesa dei SS. Prisco e Agnello (Sant’Agnello), la Chiesa di S.Maria delle Grazie in Trasaella, Chiesa della Trinità, Chiesa di S. Maria di Casarlano, tutte ormai rette da amministratori parrocchiali.

Da dove nasceva questo privilegio?

Nasceva dall’organizzazione della Chiesa, che agli inizi dell’anno 1000, aveva individuato delle confraternite estaurite, intorno alle quali si organizzava la fede. Per capire cosa fossero le chiese estaurite (o staurite) non serve cercare sul vocabolario, non si troverebbe nulla. Il diritto delle chiese estaurite di eleggere loro stesse il “Jus patronatus”, nasce in quanto tali chiese erano sorrette ed organizzate dall’aristocrazia del posto che si faceva carico (anche tramite la raccolta fondi) di tutte le spese per la costruzione e/o ampliamento delle chiese, per cui ai capi famiglia di questa aristocrazia territoriale venne concesso il diritto di eleggere il parroco.

Ovviamente il diritto al voto era per pochi, all’inizio solo ai rappresentanti delle famiglie aristocratiche, poi negli anni è stato esteso a tutti i capi famiglia di sesso maschile. Bisognerà arrivare al 1992 per sancire il suffragio universale con diritto al voto di tutti i maggiorenni, maschi e femmine, che fossero battezzati. Come si vede, un diritto millenario, raccolto nel diritto canonico e che per la Basilica di S. M. del Lauro vige dal 1206, ovvero fin dai tempi in cui vi era una piccola chiesetta al posto della grande Basilica attuale.

Perché allora la Curia ha da tempo cambiato rotta cercando di abolire queste tradizioni?

Qualche motivo c’è, ovvero le convulse campagne elettorali dei candidati parroci che poco hanno di cristiano, anche la considerazione che tale privilegio è statuito esclusivamente a nati e battezzati a Meta.

Ebbene, con gli ospedali, chi nasce più a Meta?

Nessuno, per cui bisognerebbe modificare qualcosa nel meccanismo. Certo però che 1000 anni di storia non possono essere cancellati di colpo. La Curia nomina amministratori parrocchiali non potendoli chiamare parroci. Ma di fatto è così per tutte le parrocchie del “Jus Patronatus” con buona pace dei fedeli, della chiesa aperta, del diritto canonico e delle tradizioni millenarie.

 

In sette parrocchie della Diocesi di Sorrento, precisamente: S. Maria del Lauro di Meta, S. Michele Arcangelo, SS. Trinità, S. Maria di Galatea – Mortora in Piano di Sorrento, SS. Prisco ed Agnello di Sorrento, S. Maria delle Grazie – Trasaella in S. Agnello di Sorrento, S. Maria di Casarlano in Sorrento, i fedeli di sesso maschile che hanno raggiunto la maggiore età e vivono ed hanno la residenza nella rispettiva parrocchia, eleggono il proprio parroco, quando la sede è vacante per morte o dimissione del titolare. Nel corso dell’ultima elezione del parroco della Basilica di S. Maria del Lauro di Meta, avvenuta l’8 marzo 1987, il diritto di voto è stato esteso anche alle donne che celebravano la loro festività civile.

 

Le parrocchie della diocesi di Sorrento che conservano il diritto di eleggere il proprio parroco, furono tutte estaurite per cui è inevitabile pensare che il diritto di patronato sia fondato proprio su questa caratteristica delle sette chiese.

Ma che cosa si voleva indicare attribuendo questa qualifica ad una chiesa?

La risposta ci viene offerta dall’etimologia del termine “estaurita”, e dalle caratteristiche concrete che avevano le chiese che erano chiamate estaurite.

 

Le estaurite erano tenute a provvedere la chiesa, nella quale si trovavano, del necessario per il culto. I sacerdoti efficienti venivano infatti soddisfatti dagli amministratori di esse. Si preoccupavano della manutenzione delle chiese loro affidate.

Per l’attuazione di questi fini avevano bisogno di persone fisiche come loro organi, gli estauriti. Essi erano gli uomini del casale o del rione o della comunità in cui avevano sede. Questi ne costituivano l’organo direttivo, ma non le governavano direttamente. A ciò delegavano una o più persone, le quali col nome di maestri, “li compatroni”, di governatori e di economi trattavano gli affari dell’estaurite a cui erano preposti.

Lauro Gargiulo

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