La scomparsa di Luigi Celentano scopre il vaso di Pandora
La scomparsa di Luigi Celentano non è solo il dramma di una madre che da diverse settimane non ha più notizie di suo figlio.
La scomparsa di Luigi Celentano è un qualcosa che va oltre. Sta portando con sé un effetto collaterale imprevisto, ma non certo imprevedibile. Imprevisto perché in tanti credevano che qui, in Penisola sorrentina, ne eravamo immuni. Non imprevedibile perché i sentori c’erano tutti.
Sulle prime le denunce di Fulvia Ruggiero erano state un po’ troppo frettolosamente bollate come le esagerazioni di una mamma disperata. Quando però a parlare sono stati i ragazzi, i nostri figli, qualcosa è cambiato.
Quell’effetto collaterale, quella terribile miscela fatta di bullismo ed omofobia si è manifestata in tutta la sua esplosività. Ora prescinde persino dalle reali ragioni che hanno spinto Luigi Celentano a fuggire. A lasciarsi alle spalle il suo passato.
Il racconto di Peppe D’Aniello: l’adolescenza
Una miscela esplosiva che conosce bene Giuseppe D’Aniello. Semplicemente Peppe, per tutti quelli che lo conoscono.
Eppure non è stato sempre così. Peppe non è stato sempre Peppe. In passato è stato anche: ‘o ricchione, ‘o femminiello, ‘o travestito. Persino Peppinella. Già avevano provato a togliergli persino l’identità, come ci racconta lui stesso.
Da ragazzino amavo vestirmi in modo eccentrico. Però la cosa mi imbarazzava. Mi vergognavo. Mi facevano provare vergogna. Per non farmi vedere dalla mia famiglia che mi vestivo così, nascondevo i vestiti nella busta della spazzatura. Poi uscivo di casa e mi cambiavo per strada. Quel mio modo di essere iniziò ad attirare fastidiosi attributi e parolacce di ogni sorta. Venivo continuamente offeso. Ero sempre triste. Anche io avevo un cuore, anche io avevo dei sentimenti. Ci rimanevo male.
Intanto il tempo passava e quel ragazzino cresceva. Le offese, le parolacce continuavano ad addobbare la sua esistenza, ma qualcosa iniziò a cambiare.
Improvvisamente cominciai a sentirmi più forte. Affrontavo tutto e tutti. Cominciai a credere in me stesso. Mi stavo anche affermando nella società. Da quel momento in poi le persone che mi circondavano, iniziarono a vedermi con occhi diversi. Non apparivo più a loro come una persona debole o un “diverso”. Ero diventato una persona forte. Una persona che poteva anche dare. Su cui poter contare. La mia vita non era più solo passiva, si era trasformata in un continuo botta e risposta.
Il racconto di Peppe D’Aniello: la rivincita
Insomma Peppe aveva smesso di subire. Aveva reagito e si stava prendendo anche le sue rivincite.
In Penisola sorrentina dove sono nato e cresciuto mi avevano etichettato per una vita intera. Eppure crescendo ho scoperto che quella stessa Penisola sorrentina pullula di omosessuali, repressi, uomini e donne traditi. Tutti finti, tutti a nascondersi. Nel vederli oggi sorrido. Mi godo lo show. Non capiscono che il vero problema non è la diversità o i tradimenti. Il vero problema sono i finti moralisti del cazzo. Sì, fatemelo dire.
L’appello
Purtroppo queste storie non sempre finiscono così. Non sempre quelle debolezze si riescono a sconfiggere. Peppe questo lo sa bene.
Sì è deboli se ci rendono deboli. I cosiddetti bulli dovrebbero imparare ed a convivere con delle realtà che esistono dall’epoca della pietra. Se non avviene ciò non ci sarà mai crescita per nessuno. Non guardateci come mostri, ma guardateci come esseri umani. Perché noi siamo esseri umani. Un domani quello che oggi è il diverso” potrebbe essere un fratello, addirittura un figlio.
Di qui l’accorato appello lanciato.
Mamme! Donne, aprite di più il vostro cuore dalla sensibilità unica. Date messaggi e suggerimenti positivi voi che siete la parte più “sensibile ” del genere umano. Gli uomini, invece, hanno un grande ruolo. Quello di insegnare ad aver forza a chi è più debole. Occorre stare vicino ai familiari e non solo. Occorre accettare la diversità in tutte le sue forme e volerla bene. Se c’è dialogo ce la facciamo.
Johnny Pollio